Il 27 agosto 1950, a Torino, muore uno dei maggiori intellettuali italiani del XX secolo, Cesare Pavese.

Ritornato a Torino dopo la liberazione d'Italia alla fine della seconda guerra mondiale, si iscrisse al Partito Comunista e iniziò a collaborare con l'Unità, un modo per superare i sensi di colpa per essere stato dispensato dalla leva militare e non aver fatto parte dei partigiani, e un modo per rompere l'isolamento in cui si trovava e imparare il "mestiere di vivere".
Alla fine dell'anno e fino alla seconda metà del 1946, venne mandato dalla Einaudi a Roma dove per potenziare la nuova sede cittadina.
Rientrato a Torino si dedicò a una fervente attività letteraria, tra i quali incominciò a comporre i Dialoghi di Leucò, La casa in collina, La luna e i falò.

Nel 1950, nel primo numero della rivista Cultura e realtà, Pavese aprì con un articolo sul mito, nel quale affermava la sua fede poetica di carattere vichiano, cosa che non venne apprezzata dagli intellettuali comunisti. Pavese venne duramente attaccato per questa presa di posizione, e nemmeno il Premio Strega conferitogli nel giugno del 1950 per La bella estate riuscì a risollevargli il morale.

In preda a un profondo disagio esistenziale, acuito da diverse delusioni d'amore, si suicidò il 27 agosto 1950, a 41 anni, in una camera dell'albergo Roma di Piazza Carlo Felice a Torino. Aveva ingerito più di 10 bustine di sonnifero. Venne trovato sdraiato a letto, accanto a lui una copia di Dialoghi con Leucò, su cui aveva scritto "Perdono tutti e a tutti chiedo perdono. Va bene? Non fate troppi pettegolezzi." Qualche giorno dopo si tennero i funerali civili, perchè ateo e suicida.
Il corpo dello scrittore viene inizialmente sepolto nella tomba di famiglia a Torino, ma nel 2002 verrà traslato nel cimitero di Santo Stefano Belbo, in provincia di Cuneo, dove lo scrittore era nato e da cui aveva tratto ispirazione per tanti suoi lavori.


Fonte: Wikipedia, Cesare Pavese

L'ultima dimora di... Cesare Pavese

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martedì 27 agosto 2019

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